Il disagio è sempre negativo?

Quando ho iniziato a imparare di più sul sistema nervoso e sulla stretta relazione con la biomeccanica, ciò che pensavo riguardante la sua relazione con il dolore o disagio fisico è stata completamente capovolta. Dopo averlo provato io stessa, ho finalmente capito dove stesse la verità e cosa fosse da considerarsi dannoso e cosa invece un processo di trasformazione.

Non ci avevo mai ragionato particolarmente, non oltre al fatto che se qualcosa provocava dolore o disagio a tal punto di compromettere i movimenti o la funzionalità in un determinato momento si trattava inevitabilmente di qualcosa da risolvere. Quel “qualcosa” di solito comportava una soluzione che si basava sulla premessa che qualunque cosa stesse accadendo nel corpo non era ciò che volevamo accadesse. In altre parole, un peggioramento, una cosa fortemente negativa.

Ho imparato, tuttavia, che questa non è necessariamente la realtà.

Prima di iniziare il mio percorso in questo mondo, ho avuto modo io stessa di sperimentare cosa significasse essere paziente ed essere trattata da una professionista. I giorni successivi alla mia seduta mi sentivo senza equilibrio, facevo fatica ad eseguire alcuni movimenti e sentivo qualcosa che non andava. A lungo andare, queste sensazioni sono svanite e sono state rimpiazzate da un equilibrio ottimale, risoluzione delle tensioni e un modo più sano di eseguire i movimenti. Una cosa simile è successa nel momento in cui ho iniziato a lavorare sul mio rilassamento; rilasciare le tensioni diventava difficile e talvolta creava un profondo disagio.

Il corpo è sempre in un processo di azione, cambiamento e risposta; non è fisso e non è mai statico. In qualsiasi momento, è in procinto di aprirsi o chiudersi. Le ossa, organi, fascia, tutto è in procinto di muoversi verso la linea mediana del corpo in un processo di contrazione – come si vede nella risposta simpatica – o si allontana dalla linea mediana in un processo di espansione – come si vede nella risposta parasimpatica.

 Per riuscire a comprendere meglio questo concetto: mettiamo, per esempio, che tu o il tuo cavallo abbiate vissuto per un periodo prolungato prevalentemente in uno stato simpatico; uno stato di contrazione. Se inizi un trattamento, una pratica, o un diverso approccio in cui i tuoi schemi di movimento vengono messi alla prova e inizi a muoverti in modi nuovi e unici rispetto alla tua normalità, ciò che accade è che inizi a separare e analizzare tutto ciò che è stato tenuto saldamente insieme per quelli che possono essere periodi di tempo significativi, disfunzioni in cui il tuo corpo ha dovuto adattarsi. Questo crea disagio e a volte dolore, fino a quando il cervello non diventa più efficiente e capace di muoversi nel nuovo modo.

In questo caso il disagio non indica che qualcosa non va; piuttosto il contrario. È la zona intermedia in cui il corpo si sta effettivamente muovendo verso modalità di funzionamento più ottimali. È in fase di apertura. Il corpo deve riassestarsi.

Nel mondo dei cavalli, che sia l’ambito addestrativo o terapeutico, molte cose vengono viste e insegnate in bianco e nero. Quando riusciamo a capire e leggere i segnali, dobbiamo avere una consapevolezza oggettiva del fatto che il corpo si sta aprendo o chiudendo in quel momento.

Se sfidiamo gli schemi di movimento dei nostri cavalli, pareggiamo i piedi in modo che gli angoli cambino; introduciamo cambiamenti a livello psicologico e fisico, possono esserci momenti in cui attraversano periodi di mancanza di stabilità o dolore, ma essi non indicano qualcosa di “sbagliato”. 

Proprio come per noi, il loro corpo ha bisogno di tempo per decontrarsi, i loro muscoli devono adattarsi per sostenere la loro struttura mentre si mobilitano in modi diversi, la fascia deve aumentare la sua lunghezza.

Siamo resistenti al disagio, non lo sopportiamo in noi stessi e siamo anche intolleranti nel permetterlo negli altri. Ma è qualcosa che tengo sempre in mente adesso, dopo averlo vissuto io stessa in prima persona. A volte è necessario, per portare un cambiamento positivo e duraturo.

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